REX TREMENDAE MAIESTATIS.
Parlare di cultura e d’avventura vi potrà sembrare una provocazione gratuita. Un modo per far passare le note, i pensieri, le recensioni che animeranno questa rubrica, come il tentativo di sdoganare all’attenzione di molti, materiali letterari conosciuti e apprezzati solo da pochi appassionati. Purtroppo molti dimenticano che le grandi innovazioni letterarie di massa, tranne i singoli ed inarrivabili capolavori di pochi grandi autori (penso alla Divina Commedia, o ai Promessi Sposi), sono sempre arrivati dal basso, sono stati appannaggio della “fiction”, come la chiameremmo oggi. Della letteratura di genere, come si chiamava qualche decennio fa. Dei pulp, dei feuilletton, o dei giornaletti, come erano chiamati nei vari decenni del secolo scorso.
Vi porto un esempio su tutti: Sherlock Holmes. Chi non lo conosce? Chi non sa che il suo assistente è il fido e a volte poco perspicace Dottor Watson? Ecco, Sherlock Holmes non solo è un personaggio entrato a pieno diritto nell’immaginario della “fiction”, perché ha ispirato film, serie televisive, pièces teatrali, romanzi e racconti apocrifi, ma è anche il capostipite più famoso (quello vero è Auguste Dupin di Edgar Allan Poe, ma non siamo qui a fare filologia spicciola) di quello che ormai noi siamo abituati a vedere ogni giorno in tv o al cinema: il genere detection con protagonisti investigatori, più o meno privati, come Holmes. Lo stile e l’inventiva di questi grandi e prolifici narratori seriali, dei quali Arthur Conan Doyle era solo uno dei tanti, ha influenzato generazioni di autori, che adesso sfornano best seller venduti in tutto il mondo. E faccio solo due nomi su tutti: Dan Brown e Ken Follett. Chi di voi non ha a casa almeno un volume di uno di questi due autori?! Libri letti la sera, in treno o in metrò, come spesso accade nelle metropoli, magari prestati, oppure comprati usati, ma comunque letti almeno una volta e conosciuti. Quindi questi spesso poveri ma prolifici autori, scrivevano “avventura” ma ci hanno lasciato “cultura”. Come l’autore italiano di cui mi accingo adesso a scrivere: Valerio Evangelisti.
La mia scelta è ricaduta su di lui perché alla fine dell’anno scorso è uscito in libreria il suo ultimo romanzo, REX TREMENDAE MAIESTATIS, ultima avventura, non solo in ordine di uscita, del ciclo del suo personaggio seriale più celebre: l’inquisitore domenicano del 1300, realmente esistito, Nicholas Eymerich. Anche questo personaggio è, a suo modo, un detective. È l’inquisitore supremo del Regno d’Aragona, ed agisce come un investigatore della fede cristiana contro i malefici dei negromanti di ogni razza e religione, in lungo e largo per l’Europa dell’epoca. Un personaggio severo, fanatico, a volte crudele, quasi spietato. Ma anche debole, umano. Personaggio che unisce il gusto per l’orrore ed il macabro ad una severità di atteggiamenti dettati da profondi codici d’onore che ricordano moltissimo, ad esempio, il personaggio di Conan il Barbaro. Ma Eymerich, come tutti i grandi eroi, da Achille in poi con il suo “tallone”, non è invincibile. È terrorizzato da due cose soltanto: gli insetti (pensate alla fobia per i serpenti di Indiana Jones) e le donne (siamo nel 1300, non dimenticatelo). Per certi versi l’inquisitore domenicano è stato un antesignano letterario di più famosi antieroi come il Dottor House o il Cal Lightman di Lie to me, perché la sua prima avventura risale al 1993. A sua volta però è figlio di una sterminata tradizione letteraria popolare che inventa, reinventa e aggiorna stilemi e codici avventurosi, senza mai perdere la propria presa sul pubblico. Perché alla fine, molti non lo ammetteranno, ma è proprio questo che il pubblico vuole. Divertimento. Azione. Mistero. In una parola: avventura.
In questo primo appuntamento ho deciso di parlare di questo romanzo non per fare una apologia gratuita del personaggio e del suo autore, ma perché questo meraviglioso affresco pseudo-storico è ambientato in buon parte a Palermo prima e a Napoli poi. E qui torniamo al discorso iniziale di cultura e avventura. Rex Tremendae Maiestatis è sì, un romanzo di finzione, in cui il sagace inquisitore dà la caccia al suo più mortale avversario, come ogni personaggio seriale che si rispetti, il negromante Ramón de Tarrega. Ma questo non impedisce ad Evangelisti, grazie alle sue approfondite ricerche storiche e bibliografiche, di restituirci una immagine di Palermo come doveva apparire circa 800 anni fa. Palermo era una metropoli da cinquantamila abitanti, fiorente di commercio e cosmopolita, perché accoglieva cristiani cattolici e ortodossi, ebrei e musulmani convertiti. Quando Eymerich entra a Palermo da una delle sue dodici porte, alla vista di quella città popolosa e attiva, pronuncia per bocca del suo autore una frase significativa: “Poche città d’Europa vantano un simile sfarzo”. Il suo interlocutore, una nobildonna del Regno di Sardegna, gli risponde con altrettanta chiarezza: “[…] Non meravigliatevi del lusso delle chiese e dei palazzi: Palermo è la capitale del Mediterraneo e rivaleggia in splendore solo con Napoli. Ha più giardini, però.”
Ma il romanzo di Evangelisti, tra un sortilegio misterioso ed un inseguimento, tra la manifestazione di prodigi inspiegabili e pranzi alle corti dei potenti, ci restituisce anche lo scenario politico della città e dell’isola in genere: uno stato di semi-indipendenza dal regno di Federico IV in cui le potenti famiglie di baroni, conti e marchesi si arricchiscono alle spalle della povera gente, vivendo nel lusso sfrenato dei loro palazzi e castelli, esigendo tasse e gabelle per alimentare piccole scaramucce con le famiglie avversarie ed acquisire altri territori dell’isola da porre sotto il proprio controllo. Insomma, sempre la solita storia. Allora come oggi. Corsi e ricorsi storici, come diceva Gian Battista Vico. Evangelisti ci propone quindi avventura sì, ma anche uno spietato ed interessante affresco storico sulla Palermo dell’epoca, ricco di descrizioni di luoghi, fatti e persone che rende la lettura di questo romanzo affascinante quanto appassionante.
Provate a fare studiare ai vostri figli, nipoti, alunni, lo scenario storico della Palermo di quel periodo sui libri di scuola, e poi provate a fare leggere loro un romanzo d’avventura ambientato nello stesso periodo. State sicuri che si ricorderanno meglio le suggestioni del secondo piuttosto che le nozioni del primo. Perché se ai tempi delle poleis greche gli aedi cantavano in piazze gremite le gesta degli eroi dell’Iliade e dell’Odissea, era solo per un motivo: de te fabula narratur. Alcuni millenni fa, come oggi. Buona lettura.
Abbiamo parlato di:
Valerio Evangelisti, Rex Tremendae Maiestatis, Mondadori Strade Blu, 2010.
Arthur Conan Doyle, Tutto Sherlock Holmes, Newton Compton Editori, 2008.
Nicholas Eymerich (personaggio storico): http://it.wikipedia.org/wiki/Nicolas_Eymerich
Nota: L'articolo è stato pubblicato originariamente su www.altanox.eu
5 commenti:
innanzitutto, bentornato!! non l'ho ancora letto ma giuro che sarà il prossimo, al momento sono immerso nelle atmosfere apocalittiche di La Strada di McCarthy
Il migliore fra i romanzi di Evangelisti che ho letto.
completamente daccordo
Se Evangelisti fosse nato in america sarebbe famoso in tutto il mondo
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